Il senso ritmico? Tutta questione di cervello

Il senso ritmico? Tutta questione di cervello

Cos’è il senso ritmico e da dove viene questa capacità? Tutta questione di cervello

In che modo le persone coordinano le loro azioni con i suoni che sentono? Questa capacità che consente alle persone di attraversare la strada in sicurezza mentre si sente il traffico in arrivo, di ballare su una nuova musica o di praticare sport di squadra come il canottaggio, da sempre ha incuriosito i neuroscienziati cognitivi. Un nuovo studio sta facendo luce sui complessi rapporti tra la percezione uditiva e i processi motori. Infatti, come riportato in un recente articolo sul Journal of Cognitive Neuroscience, un team di ricercatori guidati da Caroline Palmer (professoressa del Dipartimento di Psicologia della McGill) è stato in grado di identificare i marcatori neurali delle percezioni del ritmo dei musicisti. Con grande sorpresa si è osservato che questi indicatori non hanno alcuna relazione con la capacità di ascoltare o di eseguire un ritmo (tipiche ad esempio di un musicista) ma sono collegati solamente alla capacità di sincronizzarsi con il ritmo stesso.

Durante lo studio sono stati condotti vari esperimenti con musicisti professionisti per indagare la risposta del loro cervello ai ritmi. Tale scelta è stata ovviamente giustificata dal fatto che i musicisti, in ragione della loro attività, vivono spesso situazioni in cui un esecutore non è perfettamente sincronizzato con il ritmo di altri artisti e, insieme ad altre caratteristiche, questa imprecisione determina la qualità di un musicista. È opinione comune che in un musicista la capacità di eseguire un brano sincronizzandosi con una pulsazione ritmica diversa dalla propria (un altro musicista, un direttore d’orchestra, un metronomo ecc.) sia correlata, seppure con percentuali variabili, a tre fattori: concentrazione, sensibilità uditiva e specifiche predisposizioni dell’attività motoria; tuttavia gli esperimenti hanno dimostrato che un ruolo davvero determinante è invece svolto dalla corrispondenza tra le oscillazioni dei ritmi cerebrali e il pulsare del ritmo musicale.

Il senso ritmico? Tutta questione di cervello

I ricercatori, per effettuare gli esperimenti, hanno posizionato degli elettrodi sul cuoio capelluto dei partecipanti (tutti esperi musicisti) per misurarne l’attività cerebrale (elettroencefalografia) mentre sincronizzavano il loro picchiettare su pad sensibili con una gamma di ritmi musicali che stavano ascoltando. In questo modo è stato possibile identificare i marker neurali delle percezioni del ritmo che corrispondono alla capacità di sincronizzazione.

La precisione degli elettroencefalogrammi ha evidenziato che, pur trattandosi di musicisti altamente qualificati, alcuni mostrassero una ridotta capacità di sincronizzarsi con ritmi complessi rispetto ad altri dimostratisi dei perfetti “sincronizzatori”.

La domanda che i ricercatori si sono posti è la medesima che ci poniamo noi: questa capacità di sincronizzazione è una dote innata o un’abilità apprendibile?

Secondo Caroline Palmer la risposta non può nettamente propendere per una sola ipotesi poiché:

1) se da una parte esiste una piccola percentuale di persone (2-3% della popolazione) che si possono ritenere “affette da sordità ritmica” 

2) se dall’altra parte esiste una piccola élite di “perfetti sincronizzatori” 

3) esiste una grande massa di persone che con una costante pratica (musicale) può decisamente affinare le capacità e migliorare l’allineamento dei ritmi cerebrali con i ritmi musicali.

Scopri gli ultimi articoli di Forme Sonore nella nostra nuova sezione del Blog!