La più antica melodia mai scritta

La più antica melodia mai scritta 

La storia della Musica ci aiuta a conoscere i grandi compositori che ci hanno lasciato in eredità melodie indimenticabili; ma a quando risale la più antica melodia mai scritta?
Per rispondere dobbiamo mettere in relazione due eventi:

1) Vicino ai resti del cimitero reale dell’antica città di Ur, tra il 1927 e il 1929, una squadra di archeologi guidata da Leonard Wolley trovò due reperti artistici di grande importanza: lo Stendardo di Ur (che raffigura scene di guerra e di vita quotidiana) e le Lire d’oro e d’argento, ovvero dei complessi e preziosissimi strumenti a corda. È importante sottolineare, dal punto di vista musicale, che un suonatore rappresentato sullo Stendardo (con a lato un probabile cantore) impugna proprio una lira come quella ritrovata dagli archeologi.

2) Negli stessi anni, presso le rovine del Palazzo Reale di Ugarit (attuale Ras Shamra, Siria), altri archeologi rinvennero in uno strato risalente al XIV secolo a.C. alcune tavolette d’argilla con incisi dei caratteri cuneiformi che, dopo una ventina d’anni di studi, furono identificate come antichi spartiti di inni musicali; le tavolette infatti furono pubblicate negli anni ’50.
“Hurrian Hymn No. 6” è uno dei circa 36 inni ritrovati e la tavoletta su cui è trascritto, essendosi conservata meglio delle altre, consente una lettura quasi completa. Su di essa è tracciata una doppia linea di demarcazione: nella parte superiore è trascritto il testo di un’ode dedicata a Nikkal (dea dei frutteti e dei raccolti) che fu composta in cuneiforme dagli antichi Hurriti (XIV secolo a.C.) mentre nella parte inferiore è riportata una guida per suonare e accordare una lira probabilmente simile a quella rappresentata nello Stendardo di Ur. Nella parte in fondo si trovano le istruzioni musicali accadiche, costituite da nomi di intervallo seguiti da segni numerici, per definire il tipo di accordatura da usare nell’esecuzione dell’inno: l’accordatura “nīd qabli”.
Alcuni studiosi, analizzando le tavolette, hanno dedotto che nella macro area mesopotamica si conoscevano e utilizzavano diverse sequenze intervallari e accordature. In particolare riportiamo le parole del musicologo Robert Fink della University of California espresse a proposito dell’Inno a Nikkal: “Il brano è stato scritto nell’equivalente di una scala dorica (con riferimento ai Modi medievali). Questo evidenzia che tanto la scala diatonica di 7 note quanto l’armonia esistevano 3400 anni fa, andando contro il punto di vista della maggior parte dei musicologi secondo i quali in antichità l’armonia praticamente non esisteva e la scala non poteva essere anteriore agli antichi greci, ovvero circa 2500 anni fa”.

L’inno hurrita precede di un millennio molte altre opere musicali sopravvissute (ad esempio, l’epitaffio di Seikilos e gli inni delfici). Furono le successioni non sistematiche dei nomi degli intervalli, le loro posizioni sotto i testi apparentemente lirici e la regolare interpolazione dei numeri che portarono alla conclusione che si trattasse di composizioni musicali annotate, tuttavia i segni appaiati e il rapporto con il testo dell’inno hanno dato origine a varie interpretazioni. La ricostruzione più celebre è quella di Duchesne-Guillemin, ma è solo una delle almeno cinque decifrazioni rivali della notazione, ciascuna con risultati e, quindi, con melodie completamente diverse.
Su Youtube si trovano molte interpretazioni di questo inno tra cui quella eseguita dall’archeomusicologo Richard Dumbrill, grande studioso della musica mesopotamica, tuttavia Dumbrill non è che uno dei molteplici studiosi ad aver proposto una lettura musicale per l’Inno hurrita.

Inno Hurrita – Richard Dumbrill

Vi proponiamo anche la versione dal vivo di Stef Conner, accompagnata da una ricostruzione della lira di Ur. Forse questa versione è stilisticamente molto lontana da quella che si poteva ascoltare in Mesopotamia 3400 anni fa, ma è indubbiamente di grande fascino.

Inno Hurrita – Stef Conner