Quanta Musica nei “Divini” versi

Sulla formazione culturale di Dante Alighieri non esistono certezze assolute, ma è molto probabile che sia approdato, come quasi tutte le persone colte del suo tempo, a quel pilastro dell’educazione medioevale che erano le Arti Liberali, ovvero le arti coltivate da persone libere, in contrapposizione alle arti servili (mestieri vili e meccanici) tipiche dei servi della gleba. Era un percorso di studio propedeutico per l’ammissione alle facoltà superiori e comprendeva le tre materie letterarie del Trivium (dialettica, grammatica retorica) e le quattro materie scientifiche del Quadrivium (Aritmetica, Astronomia, Geometria, Musica). Salta immediatamente agli occhi che nel piano di studi degli uomini del medioevo (2° millennio) la Musica era a pieno diritto una materia scientifica mentre oggi per noi, uomini del 3° millennio, molto spesso è semplice intrattenimento. Sicuramente nell’arco di un millennio il concetto di “materia scientifica” ha subito una radicale trasformazione, ma vale la pena riflettere se questa pesante retrocessione non sia stata troppo severa.
Che Dante avesse “anche” una cultura musicale lo si evince sia da come padroneggia il ritmo dei suoi versi che dalle numerose allegorie acustico-musicali, come se avvertisse la necessità di creare nell’immaginazione dei lettori una sorta di colonna sonora. Nella Divina Commedia, in particolare, anche la Musica compie un viaggio simbolico verso l’ascesa. Nei gironi dell’Inferno non ci sono melodie o armonie, ma soltanto lamenti e suoni sgradevoli, aspri e cupi: un’atmosfera sonora che genera angoscia e paura. Nel Purgatorio, al contrario, ovunque risuonano i canti dei salmi: le anime trovano pace e armonia cantando all’unisono, come nella tradizione gregoriana, simbolo di unificazione interiore e riconciliazione con Dio. Il Paradiso è il regno della polifonia dove diverse voci si possono esprimere liberamente anche se all’interno delle rigorose regole del contrappunto. Per Dante la Musica in Purgatorio è legata alla fedele riproduzione melodica del testo sacro mentre in Paradiso si riscatta da questo vincolo e il suo scopo diventa la raffigurazione della luce e del moto delle anime. Durante l’ascesa da un cielo all’altro la perfezione della Musica eseguita dagli spiriti si affina progressivamente fino a quando, nell’Empireo, Dante sperimenta un’apparente assenza di Musica: apparente perché ciò che sente non è un vero silenzio: semplicemente la perfezione è tale che l’orecchio umano non è più in grado di percepirla (la “musica mundana”, l’armonia delle sfere celesti). Ecco alcuni momenti in cui Dante con le parole riesce a a far risuonare la Musica nella nostra immaginazione.
• (Pd, Canto 3°, versi 121/123) Siamo nel 1° Cielo (Luna) e Picarda Donati canta l’Ave Maria prima di svanire come un oggetto nell’acqua profonda.
• (Pd, Canto 6°, versi 124/126) Nel 2° Cielo (Mercurio) si trovano gli spiriti che in vita hanno cercato onore e fama. Qui Giustiniano spiega che la musica dei Cieli è prodotta dai diversi gradi di beatitudine: voci diverse producono dolci melodie e i vari gradi di beatitudine creano una dolcissima armonia nelle sfere celesti.
• (Pd, Canto 8°, versi 29/30) Nel 3° Cielo (Venere) gli “Spiriti Amanti” intonano il canto Osanna con tanta intensità che in Dante resterà il desiderio di sentire ancora quella melodia.
• (Pd, Canto 10°, versi 70/75 – Pd, Canto 12°, versi 7/9) Nel 4° Cielo (Sole) gli “Spiriti Sapienti” cantano in modo così soave che la parola non riesce a descriverne la magnificenza.
• (Pd, Canto 15°, versi 4/6) Nel 5° cielo (Marte) il canto melodioso degli “Spiriti Combattenti” è paragonato al suono di una lira celeste suonata dalla mano di Dio.
• (Pd, Canto 20°, versi 142/144) Nel 6° cielo (Giove) Dante osserva le luci delle anime di Rifeo e Traiano che lampeggiando punteggiano il discorso dell’aquila e le paragona al bravo “citarista” che accompagna il canto con il suono delle corde.
• (Pd, Canto 27°, versi 1/6) Nel 7° cielo (Stelle Fisse) la dolcezza del “Gloria alla Trinità” intonato dai beati riempie Dante di ebbrezza e ciò che vede a lui pare il sorriso di tutto l’Universo.
By  Siro Merlo